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giovedì 17 maggio 2012

Marzio Honorato, artigiano della parola, e le 3500 puntate di "Un posto al sole"... "vissute giorno per giorno". L'intervista di Fattitaliani

Per "Un posto al sole", in onda su RaiTre dal lunedì al venerdì ore 20.40 ormai da più di 15 anni, si avvicina un'altra data importante: il 18 maggio, infatti, sarà trasmessa la puntata n. 3500. Fra i volti storici della prima soap opera italiana prodotta da RaiTre, Rai Fiction, Fremantlemedia Italia e Direzione di Produzione tv Rai Centro di Produzione di Napoli, c'è Marzio Honorato che interpreta sin dal primo episodio Renato PoggiFattitaliani lo ha intervistato.

Come si sopravvive a 3500 puntate...?
Io le ho vissute giorno per giorno: quando ho cominciato a lavorare nella soap avevo ancora i capelli piuttosto neri, adesso ce l'ho bianchi. Non è una fatica annosa, pesante: l'ho vissuta assieme alla mia vita privata.
Quindi se le sente bene addosso?
Il problema è come le si vive: questo lavoro è complicato e se non si prende allegramente, con lo spirito giusto alla fine ci si sente come un impiegato. Insomma, c'è sempre gusto nel farlo e poi si viene trattati bene. D'altronde, l'attore ha bisogno di parlare e il ruolo mi permette di farlo ogni giorno: mi ritengo un artigiano della parola e mi piace potermi esprimere in ogni scena.
In che modo Renato Poggi ha cambiato Marzio Honorato in questi anni?
Prima Marzio Honorato faceva l'attore di piazza con tutte le fatiche, le ansie, le disillusioni, i sogni che vive un artista alla ricerca di una buona scrittura. Renato Poggi ha fatto sì che Marzio Honorato non avesse più la "necessità" di cercare un lavoro, che è la prima cosa che manca sempre a un attore. Lo ha dunque cambiato nel dargli maggiore sicurezza nelle scelte private della sua vita.

E al contrario?
Marzio Honorato in Renato Poggi ha messo tanto della sua maniera di essere e vedere le cose, della propria esperienza cambiando spesso scene e dialoghi per renderli più adeguate al personaggio, personalizzandolo e rendendolo umano, alla portata di tutti, vero e non finto come possono apparire i ruoli in soap di altro tipo. Quando le persone ci riconoscono e ci fermano per strada, ci dicono che sembriamo veri e naturali: è il complimento migliore che si possa fare.
In tutti questi anni di "Un posto al sole" le sono arrivate altre proposte lavorative?
Me ne sono arrivate tante, ma io per scelta ho preferito non fare più nulla a parte qualche partecipazione a film di giovani: mi ritengo abbastanza sovraesposto e non cè bisogno di alimentare ulteriormente la mia immagine. Se ci sono due cose da fare, penso sia giusto da parte mia farne una e che un collega faccia l'altra.
La longevità e la professionalità  dell'intera produzione che cosa potrebbe suggerire al sistema italiano in questi tempi così difficili?
La prima cosa è non rubare: noi facciamo un ottimo prodotto che permette a duecento persone di campare e nessuno si arricchisce; fra noi non c'è nessun attore milionario. "Un posto al sole" alle imprese potrebbe suggerire di badare a tutti quelli che ci lavorano e non alle singole persone, distribuendo equamente le forze economiche a disposizione.
Lei ha lavorato con grandi maestri: Taranto, Bramieri, Eduardo... Che cosa porta con sé ancora oggi dei loro insegnamenti?
Sono esperienze che mi accompagnano sempre; le lezioni di Eduardo non sembravano tali, ma seguendolo dietro le quinte ho imparato tanto da lui: la tempistica, la naturalezza facendo sembrare naturali le cose recitate... Devo tutto a due maestri: a Eduardo per il teatro e a Manfredi per i tempi cinematografici. Per un attore i tempi - della battuta, della pausa, dell'abbassare e alzare la voce - è tutto nella recitazione. Giovanni Zambito.
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