Libri: Felice Scalia (a
cura di), Sulla ministerialiatà della parrocchia, Euno
Edizioni, Leonforte (En) 2012, pp.109, € 10,00.
Felice Scalia, curando
«Sulla ministerialità della parrocchia», per i tipi della
siciliana Euno Edizioni, ci propone di tornare a riflettere con
coraggio sulla «Lumen gentium» e sul sacerdozio regale del popolo
di Dio, riteniamo però che il fine non si arrestarsi al puro
esercizio mentale, ma piuttosto tende ad una visione, a una
proiezione nell’oltre della Chiesa. Il volume può essere infatti
letto come un invito a trovare l’audacia per prendere in carico con
fede e serietà operativa il secondo capitolo della costituzione
conciliare sulla Chiesa.
Padre Felice non
appartiene al club degli adulatori, il suo amore per la Chiesa e le
sue istituzioni, non manca di rigore critico e di sguardo profetico;
il suo dire, permeato di affetto, viene dall’amore per il Vangelo e
dalla passione per il Regno. Scrive perciò, introducendo i nove
saggi che compongono il volume, anche di un «ammanco di storicità e
visibilità della salvezza» ma solo dopo avere spiegato a se stesso
e a tutti noi che : «“fare memoria” di Gesù nell’eucaristia
non si esaurisce nel ripetere un gesto di allora o nell’adorare un
pezzetto di pane transustanziato, ma si concretizza nell’esistenza
di un cristiano di oggi che col suo stile tipico nel vivere, nel
soffrire e perfino nel morire, spiega e rende attuale la vicenda di
Gesù di Nazareth». Non nasconde le radici dell’ammanco,
rinvenibili in un comodo «spiritualismo disincarnato» e, con
parresia, ammonisce: «una parte del popolo cristiano è stato
defraudato del suo compito essenziale, vive (se vive) un “battesimo
deficiente”, si è deresponsabilizzato, non ha più “il mondo a
carico”, e neppure la sua personale vita sociale. Solo la sua
“anima”».
Se risulta “mortificato”
il sacerdozio dei battezzati, non sarà da meno quello dei
presbiteri, conseguentemente le parrocchie «somigliano spesso più
ad aborti di comunità di salvezza che ad assemblee» che ardiscono
ad evangelizzare testimoniando.
La cornice del testo
viene costruita da Erio Castellucci che disegna il quadro della
parrocchia nel corso del tempo. Antonio Baionetta, parroco a Comiso,
in maniera esperienziale, fotografa le problematiche della crisi
odierna della parrocchia, ma ne ribadisce in maniera propositiva la
validità. Angelo Plumari si fa carico del rapporto parrocchia
liturgia, sottolinea come sia vitale la promozione dei carismi e dei
ministeri attraverso una seria e opportuna formazione della comunità
alla liturgia. Francesco Giulio Brambilla, teologo e vescovo, provoca
la parrocchia alla missione ed in chiusura del suo testo dichiara:
«fine della parrocchia autosufficiente!... Ma ciò non significa la
fine della parrocchia che si sforza d’immaginare in modo nuovo e
geniale la chiesa nel proprio tempo. A servizio di tutti e di
ciascuno». Tanino Tripodo, responsabile della Caritas di Messina
mette in luce, e forse se ne avverte oggi ancor più la necessità,
l’intuizione profetica di Paolo VI: dare alla Caritas nei suoi vari
livelli, una connotazione pedagogica di grande rilievo; sottrarla
alla riduzione di agenzia assistenzialistica e farla promotrice di
liberazione e salvezza attraverso l’animazione e l’educazione
della comunità parrocchiale alla carità. Non è un caso che nel suo
scritto dedichi attenzione al tema dell’opzione preferenziale per i
poveri. Nunzio Capizzi, apprezzato docente del San paolo di Catania,
pone a tema un argomento scottante: l’educazione alla fede non può
essere mistificata con la seduzione dell’educando. Capizzi non
manca di provocare, ricorda il padre Concetto Greco, primo parroco al
Pigno di Catania, ed il suo farsi popolo con il popolo, aprendo
squarci per una consapevole riflessione di vita presbiterale. Dario
Eugenio Viganò, riflette sulla dottrina dei “tria munera”;
mentre Olivio Bolzon, rende una significativa testimonianza di vita
parrocchiale e l’ecclesiologo Dario Vitali, con una riflessione su
LG 42, chiude il ventaglio dei contributi.
Interrogare, porre
domande: sembrerebbe un gioco da bambini, ma di fatto è un problema
serio, tanto più in questo nostro tempo inflazionato da offerte,
proposte, informazioni. Chiedere non basta, è necessario che si
pongano domande opportune, serie, giuste. E se è una fatica
interrogarsi, tanto più è trovare, in una enorme massa caotica, le
risposte pertinenti, oneste, vere. Trovo che Felice Scalia, eserciti
con passione l’arte del discernere, compie, per noi che leggiamo
«Sulla ministerialiatà della parrocchia», una fatica, non solo
metodologica, ma un travaglio per la sostanza, perché la parrocchia
abbia vita nell’oltre dell’uomo e della storia.
Alfonso Cacciatore
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