Un thriller storico che tiene il
lettore incollato sin dalle prime pagine. I Vangeli che tutti
conosciamo non sono gli unici. Oltre agli apocrifi, ce ne sarebbero
altri due approvati in passato dalla Chiesa, ma andati perduti. Un
paleografo e un ricco magnate americano daranno la caccia a questi
documenti fondamentali, sovvertendo l'ordine costituito di molte grandi
religioni, tra cui quella cattolica. Un intreccio ben congegnato, che
viaggia tra le epoche e le nazioni, con novità anche in merito alla
Sindone e al luogo di crocifissione e sepoltura del Cristo. È I nove pilastri, romanzo di Bernardino De Vincenzi (Armando Curcio editore, Collana Electi, pagg. 608, € 18,90).
La trama:
26 d.C. - Negli anni di poco successivi alla morte di Cristo, un segreto, «la Verità che non deve essere vista», viene celato da pochi uomini che disseminano nel mondo una fitta serie di indizi sibillini.
2011 - Nei giorni nostri, però, un ricco magnate americano viene in possesso di uno di questi indizi e incarica Henry Walcott, filologo e paleografo di fama mondiale, di rintracciare un segreto cruciale per la stessa sopravvivenza della Chiesa cattolica. La caccia si scatena, ricca di azione, contro una spietata e crudele concorrenza di stampo nazista. Il mix di avvincenti flashback, dedicati ad avvenimenti e personaggi storicamente documentati, si intreccia in un percorso unico e inatteso. Un'insospettabile e sconcertante scoperta archeologica attende di essere trovata, per svelare il suo sapere millenario, aprendo finalmente gli occhi all'umanità.
Ci parli un po' di lei, di cosa si occupa signor de Vincenzi?26 d.C. - Negli anni di poco successivi alla morte di Cristo, un segreto, «la Verità che non deve essere vista», viene celato da pochi uomini che disseminano nel mondo una fitta serie di indizi sibillini.
2011 - Nei giorni nostri, però, un ricco magnate americano viene in possesso di uno di questi indizi e incarica Henry Walcott, filologo e paleografo di fama mondiale, di rintracciare un segreto cruciale per la stessa sopravvivenza della Chiesa cattolica. La caccia si scatena, ricca di azione, contro una spietata e crudele concorrenza di stampo nazista. Il mix di avvincenti flashback, dedicati ad avvenimenti e personaggi storicamente documentati, si intreccia in un percorso unico e inatteso. Un'insospettabile e sconcertante scoperta archeologica attende di essere trovata, per svelare il suo sapere millenario, aprendo finalmente gli occhi all'umanità.
La
mia principale occupazione è stata il ruolo di funzionario nel mio
Comune, Vigevano. Ma da più di 35 anni mi sono dedicato allo studio
della storia, particolarmente la storia antica e, ancor di più, l'antico
Egitto. Ho collaborato a diversi testi didattici universitari in Storia
antica, Storia comparata, Egittologia. Ho pubblicato qualche testo di
analisi storica in particolare su Milano. Purtroppo due anni fa, a causa
di pesanti scontri con l'amministrazione comunale, ho dovuto lasciare
il mio lavoro di funzionario. Ciò mi ha per contro lasciato il tempo per
dedicarmi completamente alla scrittura, ho solo anticipato ciò che
avevo già programmato e, in un anno, ho scritto due romanzi, uno dei
quali è appunto I nove pilastri e un saggio di Egittologia per tutti,
dal titolo Egittologia facile edito da Nulla Die.
Com'è nata l'idea di questo libro?
L'idea
è nata dal fatto che apprezzo molto i thriller di genere
storico-archeologico e quindi ho deciso di scriverne uno io stesso.
Questo anche perché, spesso, autori pur eccellenti trascurano un po' la
parte storica o ne forzano gli eventi, o addirittura se li inventano
completamente. Io volevo scrivere un avventuroso romanzo, sì, ma con
parti storiche totalmente veritiere e dai contenuti documentati e certi.
L'animo dello storico prevale sempre, ma anche lasciar correre la
propria fantasia e la propria creatività è gratificante, soprattutto per
un accanito lettore. Poter essere io a decidere ciò che accade,
disporre della "vita e della morte" dei personaggi e delle vicende è un
divertimento assoluto e gratificante.
In cosa si differenzia I nove pilastri da altri libri simili che coinvolgono Vaticano, società laica e religiosa, storia e mistero?
Le
differenze sono sostanzialmente due. La prima è, come già accennavo, la
storicità dei personaggi e degli eventi che narrano la creazione e il
disseminarsi degli indizi nel corso dei secoli. A parte il filo
conduttore ovviamente fantasioso, che deve legare tre diversi piani
narrativi per farli confluire in un'unica soluzione finale, i numerosi
flashback storici disseminati nella narrazione sono a prova di studioso.
E poi mi sono anche divertito a dare qualche risposta a piccoli enigmi
storici del passato, su cui la storiografia ufficiale è divisa o
comunque accetta versioni contrastanti in assenza di certezze. Non
mancano anche le mie narrazioni di misteri leggendari, legati ad esempio
ai Cavalieri Templari o ai Cavalieri Teutoni. La seconda fondamentale
differenza è che il mio romanzo non segue la moda imperante in libri di
questo genere, tesa a svelare sempre e comunque verità profondamente
diverse da quelle che conosciamo e, soprattutto, con narrazioni che
mettono sempre la Chiesa in cattiva o pessima luce, attribuendole
silenzi, omertà, mistificazioni, falsificazioni, menzogne. Ho preferito
invece un suo ruolo oggettivo e ragionevole, strettamente connesso alle
innegabili realtà storiche che l'hanno coinvolta.
Perché per lei è importante questo libro, cosa vuole comunicare ai suoi lettori?
Per
me questo romanzo è importante perché è la mia prima prova nella
narrativa. Sino a oggi ho avuto buoni risultati con saggistica e
didattica, voglio quindi capire se anche come narratore, come romanziere
posso essere altrettanto valido. E poi questo libro è importante per me
anche perché per la prima volta ho provato a mettere in connessione e
in sinergia realtà storica, personaggi storici con un racconto di
fantasia e personaggi parto della mia immaginazione, il tutto legato da
tre piani narrativi differenti. Nella saggistica si devono dare
informazioni ed elementi di conoscenza, nel romanzo invece si cerca di
dare ai lettori emozioni, spunti di riflessione, divertimento, relax, il
che è forse ancora più gratificante se ci si riesce. È questa la mia
ambizione: dare ai lettori divertimento, qualche emozione e, magari,
qualche piccolo spunto di riflessione.
Letture
Henry
guardò a lungo la preziosa pergamena completamente srotolata davanti ai
suoi occhi e coperta da una lastra di cristallo dalla perfetta
trasparenza. La grafia era minuta e spesso sfumava fino a scomparire del
tutto. Se, come Mallory gli aveva detto, e non aveva motivo di
dubitarne, era stata scritta con un composto di albume d'uovo e
fuliggine, si spiegava perché il pigmento nero, con il passare dei
secoli, era precipitato dalle parti della pergamena non perfettamente
arrotolate. Lo spazio infinitesimale che si era creato tra le parti che
non erano a stretto contatto tra di loro aveva permesso all'aria di
penetrare e, a poco a poco, di far seccare completamente il pigmento di
fuliggine legato con l'albume separandolo; i caratteri, in questo modo,
si erano cancellati precipitando letteralmente sul fondo della custodia.
In altre parti il decadimento era stato parziale, più o meno
accentuato, per cui con un microscopio a scansione elettronica si poteva
leggere con buona certezza il testo.
Del
resto il laboratorio di Mallory, come aveva potuto constatare di
persona, era attrezzatissimo e dotato di apparecchiature di prim'ordine.
Nemmeno il Metropolitan Museum aveva attrezzature tanto avanzate e in
così gran numero.
Era stato lasciato
solo davanti al prezioso reperto. Due assistenti erano a sua completa
disposizione nella sala accanto. Ma per il momento non ne aveva bisogno.
Iniziò a esaminare attentamente il testo leggibile. La traduzione non
era semplice, perché era chiaramente ebraico antico, molto inusuale in
un testo del X secolo dopo Cristo. Ci vollero quasi tre ore per avere un
quadro abbastanza chiaro del testo e Henry dovette consultare più volte
alcuni libri che, per fortuna, la ricchissima biblioteca scientifica di
Mallory possedeva. Si erano fatte ormai le sette di sera, ma non aveva
intenzione di fermarsi: quel lavoro lo appassionava talmente che il
tempo perdeva ogni significato e importanza per lui. Lavorò ancora a
lungo, senza rendersi conto del trascorrere delle ore. Quando si ricordò
di guardare l'orologio che portava al polso, si accorse che erano le
due del mattino! Realizzò di avere fame e ne aveva ben donde,
considerato che aveva mangiato solo un hot dog circa dodici ore prima.
Provò a schiacciare il pulsante per chiamare gli assistenti e, con sua
sorpresa vista l'ora, immediatamente comparve sulla porta un giovane sui
trentacinque anni che gli chiese con deferenza di cosa avesse bisogno.
Henry gli disse di avvisare il signor Mallory, se era ancora sveglio,
che aveva completato il suo lavoro sulla parte leggibile della pergamena
e, se possibile, di fargli avere qualcosa da mangiare.
Pochi
minuti dopo l'assistente tornò portando un vassoio con diversi sandwich
dall'aspetto decisamente invitante, una bottiglia di birra ghiacciata e
una mezza bottiglia di Bollinger Grand Année in un cestello riempito di
ghiaccio. I sandwich erano deliziosi: fatti con pane bianco italiano,
erano farciti con caviale, salmone affumicato, prosciutto crudo e
formaggio italiani, burro salato danese, carpaccio sottilissimo di pesce
spada e arricchiti da delicate salse. Henry ne gustò almeno sei con
grande piacere e non si fece scrupolo di stappare e bere fino all'ultima
goccia la mezza bottiglia di champagne. Aveva appena finito di
centellinare l'ultimo sorso di champagne, che apparve sulla porta
Mallory.
«Professore, mi dicono che ha terminato la traduzione del testo leggibile: è così?».
«Sì,
certo signor Mallory, ho terminato e a parte alcune piccole
interpretazioni che vorrei approfondire, direi che ho un quadro
abbastanza chiaro del testo, anche se così com'è è molto criptico e non
ha senso alcuno o quasi».
«Esattamente
quello che hanno detto i suoi colleghi. I miei complimenti professor
Walcott: lei ha fatto in dieci ore circa quello che cinque suoi colleghi
hanno impiegato quattro settimane a fare. E sono sicuro che,
confrontando i risultati, la sua grande competenza risulterà ancora più
evidente».
«Non esageriamo: il testo
era in un ebraico molto antico, antecedente al passaggio all'aramaico
come lingua parlata degli ebrei. Insomma, un ebraico assolutamente
inusuale nell'alto Medioevo. Direi piuttosto un ebraico a cavallo tra il
I secolo dopo Cristo e l'ultimo secolo prima di Cristo. Qualcosa di
simile si trova nei testi sacri degli zeloti, il gruppo integralista
politico-religioso ebraico, e ho trovato anche qualche parallelo
sintattico con i testi ritrovati a Qumran. In sostanza è un ebraico
molto complesso e arcaico, difficile da leggere; anche la grafia è molto
arcaica ed è questo che mi stupisce. Una simile grafia è anacronistica
nel X secolo: è molto più antica e non dovrebbe essere assolutamente
possibile in un testo redatto attorno al 950. È stata fatta un'analisi
per confermare l'età della pergamena?».
«Certamente,
professore, e sia il metodo del carbonio 14 sia le altre analisi
spettrografiche hanno confermato la data di scrittura della pergamena
tra il 900 e il 1010, con la usuale approssimazione di più o meno 20
anni».
«Incredibile e abbastanza
assurdo, anche. In quell'epoca persino gli ebrei più tradizionalisti non
usavano da secoli né quello stile di grafia né quelle forme sintattiche
e lessicali».
«Un altro mistero che spero lei sarà in grado di svelare professore. Mi vuol dire ora cosa ha letto finora nel testo?».
«Certamente, signor Mallory. Dunque la parte leggibile dice:
I
... della Verità sono proibiti alla stirpe di Adamo ... redenzione ...
vede. Non cercherai ... se non avrai Dio al tuo fianco. Diciotto volte
il sacro ha toccato la stirpe di David redenta e ... la luce dal seme al
pane. Sei sono gli eletti ... e lo testimoniano e la loro prima ... La
Verità che non deve essere vista. L'ultimo ... mio e il Signore ha ...
servo Pltn d Sn dalla materia migrasse all'anima ... Brnn ... phl t pnt.
Il Segno dell'ultimo Pilastro ... nel simbolo del perdono che scende
... David redenta, dato ... Verbo ... alla terra per suo nome. Terra e
fuoco uniti lo celeranno ... sarà ancora il primo Segno del primo
custode ... la stirpe di David che si tramanda. Corona ... Nove
Pilastri. ... ove natura mi diede t pnt in terra di venticinque leghe a
mezzogiorno ... nome ... luce che muore.
(da Capitolo Manhattan, 5 giugno 2011)
Karl
Hoffmann era alto, robusto, biondo e portava i capelli tagliati
cortissimi. I suoi occhi chiari, in un volto quadrato con un grosso naso
e una mascella prominente, gli davano il tipico aspetto del militare
prussiano. E in effetti aveva prestato servizio a lungo nell'esercito
tedesco, passando dalla fanteria d'assalto ai paracadutisti, per poi
congedarsi alla soglia dei quarant'anni con il grado di capitano. Se
Henry avesse potuto vederlo, avrebbe immediatamente riconosciuto l'uomo
che lo aveva svegliato puntandogli una pistola alla testa nella sua
camera al podere Santa Maria. Stava andando verso la periferia della
città e, quando arrivò all'altezza di una grande e sontuosa villa,
compose un numero sul cellulare. Dopo pochi secondi il cancello
d'ingresso della villa si aprì lentamente, senza alcun rumore, per poi
richiudersi dopo il passaggio della grossa Mercedes nera. Hoffmann
percorse un viale per circa duecento metri, fino a che arrivò davanti
all'ingresso principale dell'abitazione. Scese dall'auto ed entrò senza
suonare. Percorse un breve corridoio ed entrò in uno studio ampio e ben
illuminato. Dietro una antica e bellissima scrivania in noce sedeva un
uomo sulla sessantina, di statura media, grassoccio, capelli castani che
tradivano una calvizie avanzata, occhi scuri, bocca sottilissima con
gli angoli piegati all'ingiù. Hoffmann si sedette su una poltrona senza
aspettare alcun invito e si rivolse all'altro uomo: «Buongiorno, signor
Shoenbauer, come vede sono venuto non appena arrivato in città».
«Era
il meno che potesse fare, vista l'assoluta incompetenza che avete
dimostrato lei e il suo famoso gruppo operativo. Avanti, mi dica con
tutti i particolari come avete fatto a fallire totalmente», rispose
l'altro con tono gelido.
«Siamo stati
colti di sorpresa, signor Shoenbauer. Avevamo preso Walcott e la sua
assistente e anche il manufatto era nelle nostre mani. Putroppo Walcott
aveva una seconda squadra di copertura alle sue spalle. Sono intervenuti
e li hanno liberati, uccidendo anche uno dei miei uomini. Ce ne siamo
accorti quasi subito e gli siamo corsi dietro, solo che mentre noi li
inseguivamo, qualcun altro della seconda squadra di copertura è tornato
alla casa, o magari non si era nemmeno mosso da lì, e ha recuperato il
manufatto. Quando abbiamo desistito dall'inseguimento, rivelatosi del
tutto inutile, e siamo tornati alla casa, ho trovato i miei tre uomini
rimasti lì e il professor Haiden ammanettati, bendati e imbavagliati sul
pavimento. Ovviamente siamo filati subito via dalla casa, dato che non
era difficile che Walcott e soci si rivolgessero alla polizia italiana,
ma da quello che poi ho saputo pare che se ne siano guardati bene.
Probabilmente perché avrebbero dovuto giustificare il possesso del
manufatto e non credo che ne avessero l'intenzione. Penso che a
quest'ora quel maledetto pezzo di cera sia in America, al sicuro nella
residenza di Mallory».
«Complimenti –
disse in tono sarcastico l'altro –, avete fallito su tutto il fronte.
Adesso Mallory ha sia il manufatto sia Walcott per studiarlo. Siete
riusciti almeno a interrogare Walcott?».
«Sì,
ma diceva che anche loro stanno brancolando nel buio. Secondo lui il
manufatto poteva forse dargli qualche risposta in merito ai Nove
Pilastri della Verità. Diceva anche che loro non sanno cosa siano e che
forse il manufatto potrebbe essere l'Ottavo Pilastro. Il Nono pilastro è
in possesso di Mallory e dovrebbe essere una pergamena che dava
indicazioni criptate per trovare l'Ottavo. Walcott le ha interpretate ed
è arrivato al podere Santa Maria. Nella antica cisterna romana
dell'agriturismo ha trovato quel manufatto, ma ovviamente non poteva
aprirlo lì e quindi non sapeva cosa contenesse».
«E lei gli ha creduto?».
«Era
spaventato, prigioniero e legato, era stato minacciato lui e la sua
assistente: non credo che mi abbia mentito. Tenga presente che è uno
studioso, non un uomo d'azione. Era veramente terrorizzato e non credo
che abbia avuto il coraggio o la voglia di mentirmi».
«E quindi lei non ha idea se Walcott sappia qualcosa della Voce degli Eletti, giusto?».
«Non saprei, signor Shoenbauer. Non ne ha fatto alcun cenno, il che però mi fa presumere che non ne sappia nulla».
«Bene,
in tutto questo disastro, dovuto alla sua incapacità, almeno abbiamo
una informazione in più: i Nove Pilastri della Verità potrebbero essere
la strada per arrivare al Luogo della Verità, ma non coincidono con
esso».
«Sì, sono anch'io di questo
parere. Se la Voce degli Eletti giace nel Luogo della Verità, i Nove
Pilastri della Verità dovrebbero essere il tramite per arrivare a
localizzare questo luogo».
«E speriamo che realmente Mallory e Walcott non sappiano nulla della Voce degli Eletti».
«Pensandoci bene, signor Shoenbauer, mi sta venendo un dubbio».
«Ossia?».
«L'uomo
che è entrato nella casa per recuperare il manufatto, dopo aver
ammanettato e bendato i miei uomini, ha portato il professor Haiden
fuori dalla stanza per qualche minuto. Poi è rientrato con lui, l'ha
ammanettato e bendato, si è ripreso il manufatto ed è andato via. Non
vorrei che il professor Haiden, mentre era fuori dalla stanza, gli
avesse rivelato qualcosa sulla Voce degli Eletti».
«Ma lei ha sentito Haiden?».
«Sì,
subito, appena rientrati alla casa, ma lui dice che l'uomo voleva
informazioni su cosa sapessimo noi di quel manufatto e che gli ha detto
il poco che sapeva, ossia che aveva a che fare forse con una ricerca che
Haiden stava facendo e che sapeva solo che si trattava di qualcosa
relativo ai Nove Pilastri della Verità».
«Se è così... Ma siamo sicuri che Haiden non gli abbia detto altro?»
«Vedrò di appurarlo oggi stesso, interrogando di nuovo il professore, e stavolta in modo un po' più approfondito».
«Si
faccia dire tutto quello che può, ma lo voglio vivo, mi raccomando, e
in grado di lavorare: è uno dei migliori esperti mondiali nel suo ramo e
non posso rischiare di fare a meno della sua collaborazione».
(da Capitolo Bamberga, 27 giugno 2011)
Il
cardinale Spada aveva nelle sue mani la preziosa pergamena, inserita
sotto una lastra di cristallo. Accanto a lui Lichstaier e il cardinale
Ferretti la stavano osservando con lui. Il segretario di Stato vaticano
aveva in mano un foglio con la traduzione del testo dal greco. Dopo
qualche minuto di silenzio, Lichstaier disse: «Come vedete, eminenze, la
pergamena corrisponde esattamente alla scannerizzazione che Bareschi ci
aveva fatto avere. E il testo non lascia dubbi».
«Sì
– replicò Ferretti –, non ci sono dubbi. Il documento è originale e ci
conferma la verità che temevamo. I Vangeli originali erano sei e non
quattro. Questo è un problema molto grave, se la notizia dovesse
trapelare».
«E come potrebbe
eminenza? – chiese l'ufficiale – Solo Bareschi ne è al corrente e anche
se è infido e avido, non gli converrebbe andare in giro a dirlo anche
perché dovrebbe spiegare come ha fatto lui a venire in possesso della
pergamena e dovrebbe anche dire che se l'è fatta pagare ben cara. E poi,
senza l'originale, la notizia finirebbe per passare come l'ennesima
bufala sensazionalistica sul cristianesimo».
«È
vero anche questo. Ma rimane il problema del nascondiglio in cui sono
celati i sei Vangeli originali. Al di là delle complicazioni politiche e
dei problemi che creerebbero sull'autorevolezza della Chiesa cattolica,
sarei molto curioso di poter leggere con i miei occhi, direttamente,
l'opera originale dei santi evangelisti. Personalmente sarei anche
disposto a rivedere alcuni dogmi e insegnamenti della nostra Chiesa
portati avanti da secoli, se la parola del Cristo li inficiasse o li
modificasse. E credo che anche il Santo Padre sarebbe del mio parere».
«E
se stravolgessero totalmente l'insegnamento della Chiesa cattolica? –
interloquì il cardinale Spada – Se provocassero il crollo della nostra
teologia e minassero l'autorità religiosa stessa del papa?».
«Sarebbe
terribile, lo ammetto, ma in ogni caso per un cristiano cos'è più
importante: l'edificio politico e dogmatico della Chiesa cattolica o la
verità predicata da Gesù Cristo nostro Signore, il figlio di Dio?».
«Non
lo so, eminenza, non lo so. Da religioso devo per forza dare più valore
alla verità del Cristo, ma da uomo di Stato devo anche proteggere il
Vaticano, la Chiesa cattolica, l'autorità del papa».
«In
ogni caso, fino a che non salteranno fuori i sei Vangeli originali, il
problema non si pone. Se mai ne verremo in possesso, li studieremo
attentamente e poi sarà il Santo Padre a decidere cosa farne. L'unica
cosa veramente indispensabile è che se i sei Vangeli esistono ancora, se
non sono andati distrutti o smarriti completamente nel tempo, dobbiamo
essere noi a metterci su le mani».
«Concordo
con lei, eminenza – intervenne Lichstaier –, e da cattolico sono
convinto che se il Signore vuole che i Vangeli originali vengano alla
luce nel mondo moderno, ciò avverrà, indipendentemente dalla nostra
volontà. Il problema è che la pergamena non ci dà alcuna indicazione sul
luogo in cui furono celati da Giacobbe».
«Non
è esatto, capitano – disse il cardinale Spada –, la pergamena ci dice
che sono nascosti nel Luogo della Verità che non deve essere vista e che
Nove Pilastri conducono a questo luogo».
«Vero,
eminenza, ma non sappiamo assolutamente nulla né di questo "Luogo" né
dei "Nove Pilastri", però forse una labile traccia potrebbe esserci».
«Cosa vuol dire, capitano?», chiese attentissimo Spada.
«Quando
sono stato in Israele a verificare cosa stessero facendo gli
israeliani, ho saputo dai nostri contatti che avevano per le mani
qualcosa che poteva essere molto importante e che, forse, aveva a che
fare con documenti o reperti molto antichi e molto importanti».
«Sì, questo lo sapevo già capitano, ma che cosa ha a che fare con i Nove Pilastri o il "Luogo"?».
«Ho
pedinato l'ufficiale israeliano che si stava occupando della faccenda,
come le ho scritto nel rapporto. Non abbiamo avuto la possibilità di
vedere a cosa stessero lavorando in quell'edificio in cui è entrato e si
è trattenuto per molte ore, però ho visto entrare assieme a lui il
professor Henry Walcott».
«Walcott? L'insigne paleografo e archeologo americano?».
«Esatto,
eminenza, proprio lui. Sono usciti poi assieme e Walcott indossava una
tuta militare chiaramente sporca di terra. Non le fa venire in mente
nulla?».
«Devono aver esplorato qualcosa che si trovava sottoterra, evidentemente».
«Certo,
eminenza, ma la cosa più significativa è la stessa presenza del
professor Walcott. Gli israeliani hanno eccellenti studiosi di
paleografia, perché quindi chiamare Walcott, anche se è notoriamente uno
dei migliori al mondo?».
«Probabilmente
perché hanno davanti qualcosa di molto complicato e difficile da
leggere e tradurre», disse il cardinale Ferretti.
«Oppure, eminenza, che hanno bisogno del suo programma informatico».
«Quale programma?».
«Il
professor Walcott ha elaborato personalmente un complicatissimo
programma informatico in grado di ricostruire parti di testo mancanti in
documenti antichi, partendo anche da labili tracce di scrittura e
comparando stili, grafie, segni. Questo mi fa pensare che gli israeliani
possano avere tra le mani qualcosa che non riescono a leggere e
tradurre. Ma c'è di più: i nostri contatti a Gerusalemme mi hanno
riferito che, dopo la partenza del professor Walcott, gli israeliani
hanno iniziato a setacciare discretamente, ma accuratamente una vasta
area a sud di Gerusalemme».
«Il che
significa – intervenne il cardinale Spada – che grazie a Walcott hanno
recuperato qualche informazione in più che ha permesso loro di dare
l'avvio a una ricerca, giusto?».
«Esatto,
eminenza. E ho anche altre due tessere del rompicapo: Walcott pochi
giorni dopo essere tornato da Israele è andato a Boston e nella stessa
città ho visto personalmente anche il dottor Bareschi».
«E che ci faceva quell'insopportabile nanerottolo a Boston?».
«Non
lo so, eminenza, ma so che Walcott ha contattato una famiglia
bostoniana che poi è stata trovata massacrata e torturata il giorno
dopo».
«Santo cielo!», esclamò Spada.
«Sì,
eminenza, una cosa orribile a sentire la stampa locale. Evidentemente
chi ha torturato e ucciso questa famiglia, i Prodekni mi pare si
chiamassero, cercava qualcosa di molto importante».
«Ma Walcott... non sarà...», disse Ferretti.
«No,
eminenza, lo escludo nel modo più assoluto. Conosco sia di fama sia di
persona il professor Walcott e lui non farebbe mai una cosa del genere. È
uno studioso serio, coscienzioso e anche un buon cattolico. No, lui non
c'entra nulla con quell'efferato duplice omicidio».
(da Capitolo Città del Vaticano, 26 luglio 2011)
L'Autore
Bernardino de Vincenzi
è specializzato in storia antica ed egittologia. Giornalista e
scrittore, ha pubblicato saggi storici e curato l’edizione della collana
Era Milano, oltre al prestigioso volume della SEA stampato per
il decennale di Malpensa 2000. Ha collaborato inoltre alla
realizzazione di testi didattici universitari di egittologia, analisi
storica, storia antica e comparata.
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