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domenica 1 agosto 2010

2 agosto, festa della Porziuncola. Francesco d'Assisi: «Fratelli miei, voglio mandarvi tutti in Paradiso»

di Alfonso Cacciatore. I pellegrini che dalla valle spoletana si incamminano verso Santa Maria degli Angeli, non possono non notare la bellezza che si staglia davanti il loro sguardo. Il monte Subasio, sebbene renda il senso della possanza che sovrasta, trasfonde un sereno senso di dolcezza. La magia è creata da quel sapiente mix di colori che miscela il rosa tenue della sua pietra, al verde intenso delle fronde dei lecci, che lo popolano: tutto tempera il grigiore della durezza di un sasso. San Francesco, nonostante gli ultimi anni della sua vita siano stati segnati da uno stato di oscurità dato da una semicecità, tendenzialmente progressiva, vedeva oltre, anche dall'Eremo delle Carceri!

Il nome di questo sito, così caro alla tradizione francescana, è legato alla stretta segregazione dal mondo in cui vivevano quei primi eremiti che lo abitavano. Dal convento, fatto costruire da Bernardino da Siena, proiettando lo sguardo verso le pendici dell'altura, a mezza costa, si vede la Rocca dell'antica Ascesi e poco più in giù, l'abitato della stupenda cittadina umbra. In vetta, girando su se stessi e mirando verso l'orizzonte, si percepisce la sconfinatezza dell'immenso.
Lo si deve ammettere, Assisi è uno scrigno di bellezza; solo gli animi più insensibili ne rimangono indifferenti. La bellezza afferra, tocca le corde più intime, redime le plaghe più nascoste di storie miserevoli: è incanto e mistero. Così, entrando nell'abitato per la Porta, che ricorda immediatamente il comune medievale, si è rapiti dalla Cattedrale di San Rufino, eretta nel XII sec. da Giovanni da Gubbio; essa è come il cuore della cittadina: nascosto nel corpo, ma centro vitale, premente e pulsante quell'energia ematica che anima ogni cellula.
Poi si è catturati dal proto-convento e dal proto-monastero, con le basiliche papali di san Francesco e di santa Chiara che, continuando con la metafora del corpo, sembrano occhi che splendono e irradiano per il mondo, la santità dei rispettivi titolari. Da ogni centimetro di questi luoghi santi traspare bellezza: gli intonaci videro all'opera Cimabue, Giotto, Simone Martini, Pietro Cavallini, solo per citarne alcuni dei più noti.
Un corpo ha bisogno di braccia: Assisi, a mio parere, le ha nella Selva e in San Damiano. Il primo avvolge ogni viandante nell'ascosa ricerca di sé e del Mistero. Il secondo è la cifra di una casa che ripara ma non cattura, di consolazione che solleva ma non deresponsabilizza, di riposo che ristora, ma non induce all'ozio. La Selva è luogo e metafora dell'oscurità, della fatica dei cammini umani, di quella, che con linguaggio religioso, si definisce ascesi. San Damiano è la metafora della ospitalità cordiale e del porto che con salda tenacia, ripara dai naufragi umani.
Vale la pena dare qualche succinta notizia su San Damiano: è una delle chiesette riparate da Francesco (1207) ed era sorta intorno al VII sec., è il luogo dove era posto l'antichissimo e arcinoto crocifisso; dal 1211, divenne la casa di Chiara: donna forte ed energica, madre e sorella dolcissima, realizzazione e incarnazione storica dell'ideale francescano del privilegio di Madonna Povertà.
Cuore, occhi, braccia, non bastano queste membra per costituire un corpo, occorre dell'altro; qualche volta sono necessarie le inversioni e, ai piedi del Subasio, possiamo parlare anche di capo: Santa Maria degli Angeli. La grande Basilica, voluta da Pio V, su disegno di Galeazzo Alessi, fu innalzata tra il 1569 e il 1679. Ingloba la Porziuncola, un'altra chiesetta riparata dalle mani di San Francesco. Il santo la ottenne in dono dai monaci benedettini del Monte Subasio. È il luogo in cui ha avuto vita l'ordine minoritico; Francesco vi stabilì la sua dimora e qui avvenne, tra il Canto di Frate Sole, il 3 ottobre 1226, il pio Transito (rapimento della vita da parte di sorella morte): è la casa del perdono.
Di "pane del perdono", ricordando la straordinaria figura di fra Cristoforo - di manzoniana creazione -, oggi come sempre, ne abbiamo bisogno un po' tutti, nessuno escluso: bravi e perfidi, buoni e meno buoni. Nel calendario serafico (francescano) non poteva pertanto mancare la festa del "Perdono d'Assisi" o della "Porziuncola" che, da antica data, si celebra il 2 Agosto. Ma che cos'è l'indulgenza plenaria della Porziuncola? Quale la sua storia? Come la si ottiene? Cosa si fa? Lasciamo la parola ad un antico documento: "Il Diploma di Teobaldo". Teobaldo era un seguace di Francesco, frate minore e vescovo di Assisi; nel 1310 emanò tale "Diploma", un documento che ha, in un certo modo, il suo equivalente corrente in un decreto. Vi si legge: «Una notte dell'anno del Signore 1216, Francesco era immerso in preghiera e nella contemplazione nella chiesetta della Porziuncola, quando improvvisamente dilagò nella chiesina una vivissima luce e Francesco vide sopra l'altare il Cristo rivestito di luce e alla sua destra la sua Madre Santissima, circondati da una moltitudine di Angeli. Francesco adorò con la faccia a terra il suo Signore! Gli chiesero allora che cosa desiderasse per la salvezza delle anime. La risposta di Francesco fu immediata: "Santissimo Padre, benché io sia misero e peccatore, ti prego che a tutti quanti, pentiti e confessati, verranno a visitare questa chiesa, conceda ampio e generoso perdono, con una completa remissione di tutte le colpe". "Quello che tu chiedi, o Frate Francesco è grande - gli disse il Signore- ma di maggiori cose sei degno e di maggiori ne avrai. Accolgo quindi la tua preghiera, ma a patto che tu domandi al mio vicario in terra, da parte mia questa indulgenza". E Francesco si presentò subito dal Pontefice Onorio III che in quei giorni si trovava a Perugia e con candore gli raccontò la visione avuta. Il Papa lo ascoltò con attenzione e dopo qualche difficoltà dette la sua approvazione. Poi disse: "Per quanti anni vuoi quest'indulgenza?". Francesco scattando rispose: "Padre Santo, non domando anni, ma anime". E felice si avviò verso la porta, ma il Pontefice lo chiamò: "Come, non vuoi nessun documento?». E Francesco: "Santo Padre, a me basta la vostra parola! Se questa indulgenza è opera di Dio, Egli penserà a manifestare l'opera sua; io non ho bisogno di alcun documento, questa carta deve essere la Santissima Vergine Maria, Cristo il notaio e gli Angeli i testimoni". E qualche giorno più tardi insieme ai vescovi dell'Umbria, al popolo convenuto alla Porziuncola, disse tra le lacrime: "Fratelli miei, voglio mandarvi tutti in Paradiso!"» (Fonti Francescane, n. 3391 – 3397). Questo il racconto tratto dall'antica fonte, fissato iconograficamente nella pala d'altare della chiesetta da Ilario da Viterbo nel 1393.
«Ma che cos'è - ci chiediamo legittimamente- un'indulgenza?». Detto in maniera non complicata dal tecnicismo del linguaggio teologico, altro non è che attingere la grazia del perdono da una eredità inesauribile che è la vita di Cristo e dei suoi Santi. Nulla di materiale dunque, ma la certezza intima dell'essere partecipe di un merito inalienabile che giustifica, nel quale si ha il perdono. La grazia risiede nella vita, nella morte in croce e nella resurrezione di Gesù e anche nella vita di splendidi testimoni quali Maria la madre di Gesù, dei beati martiri e dei santi che partecipano della Pasqua del Signore, nei quali traluce la Sua grazia.
Che cosa si fa per conseguire o ricevere (alcuni usano ancora un linguaggio ambiguo e dicono lucrare o guadagnare, ma è quanto meno obsoleto usare questi verbi, se non teologicamente scorretto) l'indulgenza della Porziuncola? Disciplinata da Paolo VI, nella Lettera apostolica «Sacrosancta Portiunculae ecclesia» del 14 luglio 1966, l'indulgenza del "Perdono d'Assisi" è un percorso di rinnovamento nella fede e perciò sono condizioni: la Riconciliazione sacramentale (Confessione. Si badi però che la confessione, quale accusa-elenco dei peccati, è solo la quarta parte di questo stupendo sacramento!); la partecipazione attiva e fruttuosa alla celebrazione dell' Eucarestia (che è il prendere parte al banchetto di nozze tra Gesù e la sua Chiesa, la Sposa, mangiando la Parola che si fa carne: ciò presuppone l'ascolto attento della Parola di Dio a cui segue la comunione sacramentale); la visita alla chiesa della Porziuncola o ad una chiesa di frati francescani o di clarisse; il rinnovamento della Professione di fede mediante la recita del Credo; la recita del Padre nostro e una preghiera per il Papa.
Fra qualche ora Santa Maria degli Angeli si popolerà di gente che accorsa penitente non mancherà di esplodere nella gioiosa certezza del dono del perdono di Dio, nelle parole e nei gesti compiuti dalla Chiesa. Lo faranno fisicamente i pellegrini, i tanti giovani della XXX "Marcia Francescana" dal tema «Per fare esperienza del perdono del Padre»; a questi si uniranno sin-fonicamente, con il cuore e lo spirito, i molti, che, da ogni parte della terra, sentendo il bisogno del perdono, si faranno pellegrini al cuore di Dio e al cuore dell'uomo.

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