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domenica 29 settembre 2013

Libri, "I racconti brevi non si vendono". Fattitaliani intervista l'autore Paolo Capodanno


E' difficile scrivere dei racconti brevi e condensare in poche pagine un'idea narrativa, una storia. E' un esercizio di stile per alcuni, una sfida più ardua del romanzo per altri. Nella raccolta "I racconti brevi non si vendono" (edizioni Albatros, pagg. 58, € 10,00, Immagine di copertina di Martina Capodanno) l'esordiente Paolo Capodanno sceglie con precisione un tono leggero, divertente, riuscendo a trovare un centro in ogni piccola storia, che può nascere da un incontro, una fantasia, una situazione assurda. Per ogni racconto c'è un finale sorprendente, un ribaltamento, un colpo a effetto che farà sorridere, talvolta amaramente per i significati reconditi, il lettore. Paolo Capodanno è nato a Catania nel 1958. Dopo essersi diplomato al liceo artistico si occupa prevalentemente, in qualità di autore ed esecutore, di musica per il teatro. Fattitaliani lo ha intervistato.
Bello il titolo... speriamo non sia un cattivo presagio...
No, cattivo presagio, e perché? Il titolo originale in realtà era “12 racconti brevi”, ma prima erano nove, poi sono diventati sedici… insomma, non sono mai stati 12 tranne che per brevissimo tempo. Poi quando ho cominciato a cercare un editore, mi sono sentito rispondere: “Bel lavoro, complimenti, ma i racconti brevi non si vendono” e i miei erano brevi perfino nel titolo!
La dimensione del teatro l'ha aiutata nella sua mente a creare le storie?
Non lo so, non credo. Il mondo dei miei racconti appartiene ad una realtà “fantasiosa” fatta di pensieri e immaginazione. Certo, forse anche il teatro a volte tocca lo stesso mondo, ma in modo diverso, costruito, dove l’espressione artistica stimola il pensiero e l’emozione. Io istintivamente ho fatto il percorso al contrario; il pensiero e l’emozione hanno stimolato l’espressione artistica (sempre che di arte si possa parlare).
Sono 16 racconti: c'è un elemento che li accomuna (argomento, ambientazione...)?
Tanti elementi comuni. Parlano tutti della vita e alla vita, in tutti ci sono gli odori e in tutti ci sono tante immagini da ricostruire secondo la personale esperienza di chi legge. E tutti sono ambientati tra la terra ed il cielo (non il cielo astratto e religioso, quello vero, quello che guardano gli umani).
Il rapporto con la scrittura l'ha sempre coltivato?
Mi piace scrivere. È un passatempo che allieta e riempie i vuoti del vivere. Quando le figlie erano piccole, scrivevo per loro delle favole. Forse è cominciato tutto da lì.
E' cambiato con la pubblicazione della raccolta?
No, non credo. Si cambia sempre, in continuazione, ma non perché hanno pubblicato un mio lavoro. Chi mi conosce, nel libro mi riconosce, quindi credo di essere sempre io.
Anche sua moglie (Rosalba Sinesio) è una scrittrice: vantaggio o svantaggio per un esordiente?
Beh, intendiamoci. Esordiente sicuramente, scrittore non credo. Lo scrittore non sono io. Lo scrittore si alza la mattina e con pazienza e fatica costruisce il suo lavoro. E quello che scrive è (o dovrebbe) essere tanto bello e tanto alto da diventare fonte di sapere e di svago per tanta gente. Non credo sia io. Non mi ci sento. Il problema quindi non si pone. Nessuno svantaggio e nessun vantaggio. Giovanni Zambito.

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