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lunedì 23 settembre 2013

Libri, Sulla ministerialità della parrocchia a cura di Felice Scalia. La recensione di Fattitaliani

Libri: Felice Scalia (a cura di), Sulla ministerialiatà della parrocchia, Euno Edizioni, Leonforte (En) 2012, pp.109, € 10,00.
Felice Scalia, curando «Sulla ministerialità della parrocchia», per i tipi della siciliana Euno Edizioni, ci propone di tornare a riflettere con coraggio sulla «Lumen gentium» e sul sacerdozio regale del popolo di Dio, riteniamo però che il fine non si arrestarsi al puro esercizio mentale, ma piuttosto tende ad una visione, a una proiezione nell’oltre della Chiesa. Il volume può essere infatti letto come un invito a trovare l’audacia per prendere in carico con fede e serietà operativa il secondo capitolo della costituzione conciliare sulla Chiesa.

Padre Felice non appartiene al club degli adulatori, il suo amore per la Chiesa e le sue istituzioni, non manca di rigore critico e di sguardo profetico; il suo dire, permeato di affetto, viene dall’amore per il Vangelo e dalla passione per il Regno. Scrive perciò, introducendo i nove saggi che compongono il volume, anche di un «ammanco di storicità e visibilità della salvezza» ma solo dopo avere spiegato a se stesso e a tutti noi che : «“fare memoria” di Gesù nell’eucaristia non si esaurisce nel ripetere un gesto di allora o nell’adorare un pezzetto di pane transustanziato, ma si concretizza nell’esistenza di un cristiano di oggi che col suo stile tipico nel vivere, nel soffrire e perfino nel morire, spiega e rende attuale la vicenda di Gesù di Nazareth». Non nasconde le radici dell’ammanco, rinvenibili in un comodo «spiritualismo disincarnato» e, con parresia, ammonisce: «una parte del popolo cristiano è stato defraudato del suo compito essenziale, vive (se vive) un “battesimo deficiente”, si è deresponsabilizzato, non ha più “il mondo a carico”, e neppure la sua personale vita sociale. Solo la sua “anima”».
Se risulta “mortificato” il sacerdozio dei battezzati, non sarà da meno quello dei presbiteri, conseguentemente le parrocchie «somigliano spesso più ad aborti di comunità di salvezza che ad assemblee» che ardiscono ad evangelizzare testimoniando.
La cornice del testo viene costruita da Erio Castellucci che disegna il quadro della parrocchia nel corso del tempo. Antonio Baionetta, parroco a Comiso, in maniera esperienziale, fotografa le problematiche della crisi odierna della parrocchia, ma ne ribadisce in maniera propositiva la validità. Angelo Plumari si fa carico del rapporto parrocchia liturgia, sottolinea come sia vitale la promozione dei carismi e dei ministeri attraverso una seria e opportuna formazione della comunità alla liturgia. Francesco Giulio Brambilla, teologo e vescovo, provoca la parrocchia alla missione ed in chiusura del suo testo dichiara: «fine della parrocchia autosufficiente!... Ma ciò non significa la fine della parrocchia che si sforza d’immaginare in modo nuovo e geniale la chiesa nel proprio tempo. A servizio di tutti e di ciascuno». Tanino Tripodo, responsabile della Caritas di Messina mette in luce, e forse se ne avverte oggi ancor più la necessità, l’intuizione profetica di Paolo VI: dare alla Caritas nei suoi vari livelli, una connotazione pedagogica di grande rilievo; sottrarla alla riduzione di agenzia assistenzialistica e farla promotrice di liberazione e salvezza attraverso l’animazione e l’educazione della comunità parrocchiale alla carità. Non è un caso che nel suo scritto dedichi attenzione al tema dell’opzione preferenziale per i poveri. Nunzio Capizzi, apprezzato docente del San paolo di Catania, pone a tema un argomento scottante: l’educazione alla fede non può essere mistificata con la seduzione dell’educando. Capizzi non manca di provocare, ricorda il padre Concetto Greco, primo parroco al Pigno di Catania, ed il suo farsi popolo con il popolo, aprendo squarci per una consapevole riflessione di vita presbiterale. Dario Eugenio Viganò, riflette sulla dottrina dei “tria munera”; mentre Olivio Bolzon, rende una significativa testimonianza di vita parrocchiale e l’ecclesiologo Dario Vitali, con una riflessione su LG 42, chiude il ventaglio dei contributi.
Interrogare, porre domande: sembrerebbe un gioco da bambini, ma di fatto è un problema serio, tanto più in questo nostro tempo inflazionato da offerte, proposte, informazioni. Chiedere non basta, è necessario che si pongano domande opportune, serie, giuste. E se è una fatica interrogarsi, tanto più è trovare, in una enorme massa caotica, le risposte pertinenti, oneste, vere. Trovo che Felice Scalia, eserciti con passione l’arte del discernere, compie, per noi che leggiamo «Sulla ministerialiatà della parrocchia», una fatica, non solo metodologica, ma un travaglio per la sostanza, perché la parrocchia abbia vita nell’oltre dell’uomo e della storia.
Alfonso Cacciatore

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