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mercoledì 25 dicembre 2013

È morta zia Agata, fino al 31 dicembre al Millelire di Roma. Fattitaliani intervista Lorenzo De Feo, autore e regista

Fino al 31 dicembre 2013 il Millelire di Roma presenta È morta zia Agata!?! scritto e diretto da Loranzo De Feo, un’esilarante black comedy in musica sopra le righe, totalmente amorale in cui l’eredità è l’obiettivo finale dei protagonisti.
L’humour nero e il cinismo con le canzoni originali fanno di questa commedia un’opera sullo stile Monty Python nonché degno della migliore tradizione dell’Off Broadway, l’unica differenza è che si tratta di un prodotto tutto italiano elemento che lo rende godibile come le classiche commedie musicali.

In È morta zia Agata!?!, che vede in scena Gabriele Mangion, Mario Piana, Mariano Riccio, Antonio Lupi e Jessica Zanella, la meschinità tra parenti la fa da padrona e induce a comportamenti poco ortodossi e a subdole alleanze, fino ad arrivare a soluzioni estreme. Il tutto è condito da paradossali situazioni con inevitabili momenti di assurda comicità. Fattitaliani ha intervistato Lorenzo De Feo.
A quale filone in particolare (film, libri...) fa riferimento il soggetto?
Sicuramente i miei punti di riferimento in generale - per quanto riguarda gli autori di libri - sono Daniel Pennac, Stefano Benni, Tom Sharpe e tanti altri. Tutti autori che riescono a "sbirciare" e "raccontare" una realtà da un punto di vista poco usato dai "comuni mortali". Come se loro andassero oltre a raggiungere un livello superiore usando anche paradossismi assolutamente credibili; quindi, reali! Un po' quello che cerco di fare io nei miei testi. Il cinema mi ha dato tanto... La lista sarebbe troppo lunga per poter dire chi mi ha ispirato; sicuramente i fratelli Coen o Alex De La Iglesias (La Comunidad) e il mitico Mel Brooks. "E' morta zia Agata!?!" non è ispirato a nessun filone in particolare ed essendo il mio primo testo (scritto nel lontano 1988) è stato più che altro un esercizio di drammaturgia ben riuscito (anche se non sta a me dirlo) in cui ho fatto vivere i tre personaggi assolutamente sulle righe affiancandoli a due altri personaggi totalmente surreali i quali, a volte sono "servi di scena" altre sono personaggi a sé. Per non farci mancare nulla ho voluto farne una commedia musicale.  
 
Per rendere ancora più noir la commedia con l'autore delle musiche avete lavorato in tandem?
Con gli autori delle musiche dei miei copioni lavoro sempre in tandem. Io cerco di trasmettere lo spirito del testo al musicista di turno per farlo entrare dentro alla storia: solo così si può ottenere un lavoro amalgamato. E' successo anche di lavorare con dei compositori ai quali non ho fatto leggere il testo prima ma solo dopo aver ricevuto il loro materiale per capire se erano riusciti a comprendere quello che volevo solo parlandogliene. 
 
Una commedia del genere si regge molto sul ritmo: è stato faticoso amalgamare attori e battute?
Tutte le commedie si basano sul ritmo delle battute e sulla gestualità degli attori. In questo caso ho trovato un cast pronto a mettersi in gioco da subito e, fortunatamente (cosa non semplice), gli attori hanno colto immediatamente cosa necessitava per rendere questo lavoro vincente. In primis, occorreva una complicità tra loro, il testo e me. Una volta raggiunta tale complicità... il più è fatto! Il segreto è nel mettere insieme attori capaci di creare gruppo. E' doveroso citare i miei complici: Antonio Lupi; Mariano Riccio; Jessica Zanella; Gabriele Mangio e Mario Piana. Un bel gruppo che proseguirà a lavorare insieme.
 
C'è un passaggio preciso del testo che ti coinvolge maggiormente?
Il testo è creato in modo che i personaggi escono fuori piano piano insieme alla storia che si svela piano piano... Ci sono più punti che mi prendono: è difficile individuarli. Considerando che il testo scritto è una cosa e la messa in scena è un'altra.
 
Alla fine della commedia i personaggi imparano qualcosa o restano nella loro meschina grettezza?
Nel "cinismo" del testo ho voluto che i personaggi, non solo non imparano qualcosa, ma ho voluto che da vittime diventassero carnefici di loro stessi. Loro non avvertono il loro essere meschino come non riescono a vedere oltre il loro egoismo. Come a dire: " chi nasce quadro, non può morire tondo". Giovanni Zambito.

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