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lunedì 28 luglio 2014

Arte, Fattitaliani intervista lo scultore Mikayel Ohanjanyan: l'equilibrio è un perfetto rapporto tra due o più contrasti

2° PREMIO FONDAZIONE HENRAUX PER LA SCULTURA IN MARMO, VINCE MIKAYEL OHANJANYAN. l'intervista di fattitaliani.

Il mio attuale lavoro - rivela a Fattitaliani Mikayel Ohanjanyan - fondamentalmente si concentra sulla ricerca della forma e dello spazio in relazione alla persona e le sue percezioni fisiche e psicologiche. Grazie al nesso continuo tra i contrasti, cerco di creare delle dimensioni scultoree tali da portare il visitatore ad una riflessione che coinvolge la sfera personale e sociale attraverso un’ottica spaziale. L’opera del Premio, invece, nasce dal desiderio di scolpire lo spazio ”vuoto” di una mia precedente opera, “Prospettiva Introversa # 7”. 
Materialità dell’invisibile
S'intitola "Materialità dell’invisibile"...
E’ un tentativo di materializzare l’invisibile, cercando di evidenziarne alcuni aspetti concettuali ed estetici. Ha diverse letture: mentre da un lato raffigura lo spazio vuoto come forma e la materia, dall’altro, contemporaneamente mette sotto l’interrogativo la materia stessa, compressa dei cavi d’acciaio, che creano delle nuove prospettive tra la confine della materia e il cubo vuoto nel centro della scultura. Oltre il primo impatto visivo con il marmo e i cavi d’acciaio, che direttamente ci riportano a pensare alla secolare attività del luogo, l’opera, attraverso il contrasto tra il blocco di marmo e la sua “fragilità”, tra la staticità e la dinamicità, visibile - invisibile, metaforicamente rappresenta l’uomo. 
Senza-Titolo,-2012_Foto-Oliviero-Santini
Conosceva la Fondazione e il Premio?
Conoscevo già La Fondazione Henraux, sapevo anche del Premio. Tanto è vero, che allora avevo chiesto alla Direzione della Fondazione se era possibile partecipare al concorso, ma a differenza dell’edizione di quest’anno, la prima edizione a causa del poco tempo a disposizione era stata fatta solo su invito. È un progetto molto ambizioso, che a mio avviso il Presidente della Fondazione e dell’azienda Henraux, Paolo Carli, riesce a portar avanti con grande professionalità e attenzione. La vittoria invece, è stata una bellissima sorpresa! Sin dall’inizio mi ero concentrato molto sulla realizzazione dell’opera. Ero rientrato con qualche giorno in ritardo a causa del mio viaggio a Istanbul per un progetto di Goethe Institut. Una grande soddisfazione sia sul piano personale, che professionale. Organizzato tutto molto bene.
Prospettiva Introversa #10, 2012_Foto Spazio Blue

Prospettive,-2011_Foto-Andrea-Messana

Senza Titolo, 2012_Foto Mikayel Ohanjanyan

Senza-titolo,-2012_Foto-Mikayel-Ohanjanyan

Il suo rapporto con la scultura e in particolare con il marmo com'è nato, com'è cambiato ed evoluto nel tempo?
Il mio rapporto con la scultura nasce, quando avevo circa 10 anni, anche se a casa mia nessuno fa l'artista. Non saprei rispondere perché. Probabilmente nasce dal paesaggio dell’Armenia, dove sono nato e cresciuto. Un paesaggio di forte impatto, ricco di una poesia spaziale. A quell’età ho iniziato a frequentare la scuola d’arte, poi di seguito il liceo artistico e l’Accademia di Belle Arti di Yerevan. Già durante questi anni ho avuto le mie prime esperienze di lavorare su vari materiali, come: legno, bronzo, diversi tipi di pietre, e anche il marmo. Le prime esperienze di lavoro su questi materiali erano indubbiamente legate al mio percorso di studio, fondamentalmente figurativo basato sull’arte classica. Poi piano piano iniziano a cambiare in rapporto della mia ricerca sulla forma, lo spazio e l’uomo.
Progetto Urbano 2010_Foto Andrea Messana
Progetto Urbano 2010_Foto KEVO
Prospettiva Introversa #3, 2011_Foto Andrea Messana
Prospettiva Introversa #4, 2011_Foto Andrea Messana
La sua arte è molto ricca di contrasti... rispecchia la sua vita, il suo modo di concepire le cose?
Ha notato bene, il mio lavoro è ricco dei contrasti. Lo era anche negli anni di studi. Credo che in ogni cosa esistono dei punti nevralgici e zone tranquille. A me piacciono quelli ricchi di tensione, perché per me rappresentano dei luoghi sottili, carichi di tanta energia e contenuto. Direi che questo contrasto nasce semplicemente dall’osservazione delle cose, della natura, la nostra società stessa. Poi, in fondo l’equilibrio stesso non è altro che un perfetto rapporto tra due o più contrasti.

La sua personale vicenda italiana è iniziata nel 2000: è stata facile o difficile?
La mia personale vicenda con l’Italia inizia ancora dal 1998, quando prima volta sono venuto per partecipare alla XIII Biennale Internazionale di Ravenna di Scultura di piccolo formato. Pur essendo il più giovane partecipante nella storia della Biennale, la mia opera ebbe il 3° Premio. In quell’occasione visitai Firenze, Venezia e Roma. Nel 2000 decisi di iscrivermi all’Accademia di Belle Arti di Firenze (mi sono laureato nel 2005), dove tuttora vivo e lavoro. Descriverei più con la parola “positiva”, invece “facile” o “difficile”! Le difficoltà ci sono sempre, e per tutti. Mi ritengo fortunato di aver incontrato e conosciuto delle persone straordinarie, di grande semplicità e disponibilità.

Prospettiva-Introversa-#12_Foto-Oliviero-Santini
Prospettiva Introversa #5, 2011_Foto Domenico Nicolo

Prospettiva Introversa #7, 2012_Foto Oliviero Santini

Quale scelta ha inciso più fortemente delle altre nella sua professione?
Il desiderio di andare oltre e la determinazione di non mollare mai.
Quando finisce un'opera si mette dalla parte di chi la guarderà?
Indubbiamente sì! Anche perché, credo che una volta compiuta, l’opera non appartiene più a me. Diventa una specie di punto nevralgico, che entra in comunicazione con lo spazio e ogni singolo fruitore, compreso me. Giovanni Zambito.

© Riproduzione riservata

Limen #1, 2009_Foto Andrea Messana

Limen #1, 2009_Foto Debora Ferrari

Limen #2, 2010_Foto Andrea Messana

Limen #2, 2010_Foto Andrea Messana 2





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