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domenica 19 febbraio 2017

Emilia Merenda presenta i 10 racconti de "Il Capezzale". L'intervista: "non smetterò mai di raccontare"

Dieci racconti che narrano l'esperienza del ricordo e la testimonianza del passato di una Sicilia che è sempre nel cuore dell'autrice e che fa da sfondo alla narrazione. Il barbiere, il professionista, la vecchietta, il saggio, la bambina, la casalinga, la studentessa sono i protagonisti di queste storie, alcune delle quali rientrano in un periodo più recente, altre in epoca più antica e raccolte ne "Il Capezzale" (Kimerik edizioni, pagg. 104, € 12,00) che concorre al terzo Premio Letterario "Torre dell'Orologio" di Siculiana. L'intervista all'autrice.

La Sicilia che emerge dai racconti è più realistica o più trasfigurata?
La Sicilia dei miei racconti, a parte qualche eccezione, è quella del dopoguerra; è una Sicilia contadina, ingenua, povera e generosa, ma culturalmente arretrata, che rappresento secondo i ricordi della mia infanzia. Mentre quella che descrivo nelle storie ambientate nel periodo attuale è quella che vivo con lo sguardo maturo di oggi.
In quali elementi l'isola di ieri è simile a quella di oggi? in quali aspetti è maggiormente cambiata?
Dal dopoguerra ad oggi, la Sicilia è apparentemente cambiata, spariscono gli antichi mestieri, l'istruzione diventa obbligatoria e la donna, protagonista principale dei miei racconti, si afferma e si libera da alcune costrizioni patriarcali, come ad esempio, il personaggio principale del racconto "La trapunta ricamata": una donna in continuo disaccordo col figlio che, per le sue paure, cerca di ostacolare le scelte "rivoluzionarie" della propria figlia. Adelaide rappresenta proprio questo percorso che parte dalla sottomissione e attraverso travagliate sofferenze giunge alla propria liberazione. Nonostante le trasformazioni del vissuto quotidiano, avvenute anche grazie al miglioramento economico, la Sicilia mantiene ferme le sue tradizioni e il valore della famiglia. Proprio per l'amore che ho per la mia Terra devo ammettere che ancora oggi la Sicilia non riesce a liberarsi dai suoi radicati difetti: omertosa, fatalista e vittima consapevole.
Le categorie professionali a cui le dà voce attraverso i racconti sono state scelte in base a quale criterio?
La maggior parte dei miei personaggi, dei loro mestieri o categorie professionali, nascono sempre dai miei ricordi e la scelta è stata a volte casuale. Nei miei racconti, oltre alle figure della fantasia, ci sono anche molti personaggi realmente esistiti. Alcuni facevano parte della mia sfera familiare, come il medico o la maestra, altri invece come il barbiere, che tanto stuzzicava la mia curiosità di bambina, l'ho descritto nella sua totale autenticità.
C'è un racconto che più degli altri le appartiene e un personaggio che più le assomiglia?
Il racconto che più mi appartiene è Margherita; dentro c'è tutta la mia famiglia e la bambina che nasce all'alba sono proprio io. Il lieto fine di questa storia è un regalo che ho voluto fare a mia madre. Per tutta la sua vita ha sofferto pensando al futuro di quella ragazza maltrattata, di cui non seppe più nulla. Quasi tutti i personaggi femminili mi assomigliano: introversa e problematica come Silvia, protettiva e insicura come la violinista, forte e generosa come Sara, fragile e spirito libero come Adelaide, siciliana e accomodante come Rosetta e dolce nonna come Mariuccia.
La scrittura che effetto ha sortito in lei: di liberazione, di riflessione, di crescita?
La scrittura per me è una grande passione, ho il culto del racconto, anche parlato. Quando scrivo oltre a riflettere, metto in moto la fantasia e mi immergo nei miei ricordi: ritorno bambina e ridivento l'Emilia di oggi.
E il passo successivo alla pubblicazione?
Non ho mai prefissato un percorso, ma ho la curiosità di scoprire cosa succederà giorno per giorno. Il mio cassetto è pieno di storie e racconti già scritti; ho appena terminato il mio primo romanzo e fino a quando la vita mi incuriosirà non smetterò mai di raccontare. Giovanni Zambito. (8 novembre 2012).

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