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mercoledì 30 gennaio 2013

"Crea il lavoro che vuoi", Fattitaliani intervista Lucia Giovannini: "Per avere soddisfazione personale e ricchezza occorre trasformare il prendere in dare"

Se si vuole trasformare la propria vita professionale, reinventare una carriera, cercare o cambiare lavoro la lettura di "Crea il lavoro che vuoi" di Lucia Giovannini (Sperling & Kupfer) potrebbe dare qualche prezioso suggerimento; l'ebook costa 1,99 euro (Scarica qui gratis il 1° capitolo e l'eserciziario). Fattitaliani ha intervistato l'autrice.

Di questi tempi un titolo così sembra quasi provocatorio... qualcuno potrebbe subito pensare "ad avercelo un lavoro" oppure "grazie a Dio ce l'ho".
Il titolo è volutamente provocatorio perché in realtà è proprio in questi momenti che occorre smettere di fare le stesse cose (che non posson portarci che i soliti vecchi risultati) e iniziare a fare azioni nuove. Per fare azioni nuove occorre pensare in modo nuovo, out of ohe box, fuori dal nostro modo abitudinario, fuori dalle nostre sicurezze. E spesso non si tratta nemmeno  di cambiare lavoro (se l'abbiamo) ma di trovare un modo per amare di più quello che facciamo. Quando ami ciò che fai, non ti sembra nemmeno di lavorare. Continui a farlo non tanto per i soldi, o per i risultati, ma perché stare in quell'ambiente, occuparti di quelle cose, ti dà piacere.
Passiamo gran parte della nostra vita al lavoro: se siamo demotivati, delusi, annoiati, arrabbiati stiamo perdendo una parte importante di noi stessi. E se invece stiamo cercando lavoro, se ci aspettiamo di trovare il nostro lavoro ideale già confezionato, avremo buone probabilità di non trovarlo mai. Il lavoro ideale va creato, così come molte cose nella vita.
Facile passare da una mentalità che vede il lavoro più come una concessione che come una propria costruzione?
Non dico che sia sempre facile ma con i tempi che corrono, è necessario. La maggior parte delle persone non trova il proprio impiego ideale non perché non abbia abbastanza informazioni sul mondo lavorativo, ma perché non ha abbastanza informazioni sul proprio mondo interiore.
Creare il lavoro ideale, infatti, richiede un'approfondita conoscenza di se stessi. Quando abbiamo una buona conoscenza di noi stessi siamo più resistenti allo stress, più focalizzati, ci è più facile capire cosa vogliamo veramente e per quali motivi. E ci è più facile trovare il nostro posto nel mondo professionale.
Quindi, che fare?
Per passare alla mentalità del lavoro come costruzione ci sono 3 domande principali: la prima domanda da farsi è cosa mi appassiona? cosa farei anche se non fossi pagato? la seconda è in cosa sono bravo? (o quali capacità posso sviluppare); la terza: di cosa hanno bisogno i miei clienti o potenziali clienti? quali sono i problemi  che il mio prodotto/ servizio può aiutare a risolvere? Il nostro lavoro  ideale si trova all'intersezione di queste 3 risposte!
Quale idea c'è alla base di una professione quando questa non ti soddisfa appieno?
Quando si trovano a vagliare il proprio lavoro molte persone pensano che l'aspetto finanziario sia il valore principale. Quello che ci spinge a lavorare per dieci ore di fila e quello che serve a motivare i collaboratori. Quello da tenere in maggiore considerazione nella ricerca di un lavoro e quello che ci renderà felici. E così finiscono per non tenere in considerazione più i bisogni materiali che quelli emotivi.
E così si pongono la domanda: come posso guadagnare di più? Mi servono X euro al mese, quale lavoro me li può dare? Come posso aumentare il mio fatturato? oppure che cosa posso prendere da questo lavoro / cliente / situazione?
Non sto dicendo che il lato economico non sia importante, ovviamente abbiamo bisogno di guadagnare per vivere e soddisfare tutte le nostre necessità, ma, come spiego più approfonditamente nel mio libro Mi merito il meglio, questa è una trappola pericolosa. Il rischio è di  mettere al primo posto un valore illusorio che non ci farà felici. E in più molto probabilmente ci ritroveremo a lottare nel mercato in mezzo ad altri milioni di persone che si stanno facendo la stessa domanda.
Se vogliamo creare sia soddisfazione personale che ricchezza e abbondanza duratura occorre trasformare il prendere in dare e il ricavare valore in aggiungere valore. Per creare business di successo occorre infatti aggiungere valore alla vita delle persone.
È identificando le opportunità per aggiungere valore alla vita degli altri che si crea prosperità e vera soddisfazione.
Nel 2007, quando erano studenti della Rhode Island School of Design, Joe Gebbia e Brian Chesky sapevano che in città ci sarebbe stata presto una conferenza sul design molto importante, ma che tutte le camere d'albergo nelle vicinanze erano state prenotate. E così comperarono due materassi gonfiabili e affittarono per qualche notte il loro appartamento a un paio di sconosciuti che avrebbero partecipato all'evento.
Ben presto i due amici si resero conto di quanto trovare alloggio a basso costo e/o guadagnare qualche soldo extra affittando lo spazio in più in casa fosse un bisogno di tantissime persone. Al duo si unì Nathan Blecharczyk, un esperto programmatore, e fu così che nacque Airbnb che offre sul web ogni tipo di sistemazione – da appartamenti a isole private – in oltre 26.000 città in 192 Paesi. La loro community è composta da utenti appassionati e desiderosi di esplorare e arricchire il mondo attraverso la condivisione dei propri spazi. E nel 2011 è stata valutata un bilione di dollari! (Sì, non un milione ma un bilione!)
Quando l'approccio al tuo lavoro deriva dalla domanda: «Quale valore posso aggiungere qui?» le persone (clienti, datori di lavoro, colleghi) lo percepiscono. E il tuo servizio sarà così unico che non ti dovrai più preoccupare della guerra dei prezzi, della concorrenza o di non avere clienti. Non solo, tu stesso sarai più felice e soddisfatto del tuo lavoro.
Si potrebbe se non cambiare lavoro modificare il nostro stato d'animo o la nostra predisposizione mentale?
Tre persone erano al lavoro in un cantiere edile. Avevano lo stesso compito, ma quando fu loro chiesto che cosa stavano facendo, le risposte furono diverse. «Taglio pietre», rispose annoiato il primo. «Mi guadagno da vivere», disse seccato il secondo. «Partecipo alla costruzione di una cattedrale», affermò fiero il terzo. Tutti i cambiamenti veri devono partire dall'interno. Se il nostro lavoro non ci rende felici, non occorre per forza cambiarlo.
Tuttavia, il lavoro occupa la maggior parte della nostra vita e questo ci lascia solo due scelte per essere felici: o facciamo della nostra passione il nostro lavoro oppure troviamo passione in ciò che facciamo.
E per farlo il primo passo è trovare il nostro scopo in ciò che facciamo.
Visto che passiamo un terzo della nostra vita al lavoro, è attraverso il nostro lavoro che possiamo dare il nostro contributo al mondo, usare i nostri talenti. Conoscere il proprio scopo ci dà la direzione da seguire. Il nostro grande «perché» diventerà un faro che guiderà e allineerà ogni nostra azione, ogni scelta, ogni interazione della nostra vita lavorativa. E se credi che sia necessario essere scienziati, scrittori, medici o artisti per vivere il proprio lavoro come una vocazione, ti sbagli.
Ho un'amica che ha un'impresa di pulizie. Si sveglia tutte le mattine all'alba. Si spacca la schiena tra stracci e polvere. Eppure ogni volta che entra in un ufficio per pulirlo sa che sta facendo qualcosa che rende migliore la vita di qualcuno. Ed è felice. E, guarda caso, la sua piccola azienda famigliare va a gonfie vele anche in un momento di crisi. Giovanni Zambito.
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