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giovedì 16 gennaio 2014

Vincenzo Catanzaro finalista al Kaos Festival di Montallegro con "La notte in cui Pessoa incontrò Filippo Bentivegna". L'intervista di Fattitaliani

  "La notte in cui Pessoa incontrò Filippo Bentivegna" (Melqart Communication Editore) è il racconto di un incontro immaginario, virtuale, tra il grande scrittore portoghese ed uno sconosciuto, analfabeta, scultore primitivo di Sciacca, Filippo Bentivegna. Due vicende esistenziali che corrono parallele sul finire del 1935. Cronaca di momenti della vita quotidiana che accadono nello stesso giorno, nella stessa ora, negli stessi minuti a migliaia di chilometri di distanza. Il libro - tra i cinque finalisti al Kaos Festival, in programma il 25 e 26 gennaio a Montallegro (AG) con Giacomo Pilati presidente di giuria - è stato scritto da Vincenzo Catanzaro, che Fattitaliani ha intervistato.
Potrebbe spiegare in sintesi chi è Filippo Bentivegna?
Filippo Bentivegna, scultore analfabeta ed artista visionario, rappresenta oggi una delle figure più significative della cosiddetta art brut. Nato nel 1888 e morto nel 1967, trascorse gran parte della sua vita a Sciacca e, particolarmente, in un podere di contrada Sovareto che trasformò in quello che oggi rappresenta un unicum a livello mondiale. Un museo a cielo aperto, un luogo che Bentivegna chiamò Castello Incantato e che egli popolò di migliaia di sculture, volti di uomini e donne o semplicemente teste, come egli le chiamava. Ed appunto Filippo delle Teste veniva da tutti chiamato in paese. Con esse parlava, discuteva, polemizzava, litigava. Erano creature della sua lucida follia oppure personaggi della storia e della scienza che egli ammetteva al suo cospetto, in quel mondo che si era costruito e nel quale aveva scelto di chiudersi lontano dal consesso umano.
In che senso "s'incontrano"?
Si tratta di un incontro del tutto virtuale, immaginario ed immaginato.  
E le sensibilità dei due personaggi in quale aspetto soprattutto "s'incontrano"?
Si incontrano nel senso che, pur essendo distanti fisicamente, oltre che, naturalmente, sul piano della consistenza intellettuale, finiscono per essere molto simili. Le migliaia di teste di Bentivegna, le migliaia di personaggi che egli immortala nella pietra, somigliano molto alle centinaia di eteronimi ai quali Pessoa diede vita. Per non parlare del rapporto con gli altri, con il mondo esterno, con l’altro sesso, con la religione, con i misteri della vita. E la fiducia, la certezza, che l’arte li avrebbe fatto vivere in eterno.
Le è stato facile scrivere il romanzo? ci sono delle parti che più di altre ha rivisto più volte? 
Non in modo particolare. Naturalmente è stato più facile per Bentivegna che ho conosciuto personalmente e con il quale mi è capitato spesso di incontrarmi durante la mia fanciullezza e nel periodo della mia prima giovinezza. Per Pessoa è stato più difficile, più impegnativo,ma nello stesso tempo più stimolante.
Quali sono i suoi gusti in termine di lettura? 
Diciamo che leggo di tutto, anche se la mia preferenza va al romanzo ed al teatro.
Su quali libri si è formato?
I grandi classici della letteratura italiana e, per il Novecento, Pirandello e Verga.
Oggi la letteratura agrigentina a che punto è...?

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