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mercoledì 28 maggio 2014

Teo, il romanzo d'esordio di Lorenza Gentile "un'esperienza di crescita fondamentale". L'intervista di Fattitaliani

Teo, un bambino di otto anni, si confronta con il tema della morte per incontrare il suo “Supereroe” Napoleone Bonaparte, l’unico, ai suoi occhi, che può aiutarlo a vincere la sua prima grande battaglia, salvare i genitori dal divorzio. Teo affronta con candore e lucidità i grandi temi esistenziali: la morte, l’amore, l’amicizia, la famiglia, offrendo al lettore l’opportunità di interrogarsi a sua volta. Stiamo parlando del personaggio chiave dell'omonimo romanzo d'esordio (Einaudi Stile Libero, pagg. 176, € 16,00) della ventiseienne Lorenza Gentile: una favola contemporanea sulla necessità di trovare una risposta alla morte e alla precarietà esistenziale attraverso l’innocenza dell’infanzia; un trattato di filosofia ironico e divertente, scritto con la semplicità e l’innocenza di un bambino che si ritrova costretto ad affrontare i conflitti e i silenzi della sua famiglia, la diversità dei compagni di scuola, l’adolescenza della sorella, l’incapacità da parte degli adulti di capirlo. Fattitaliani ha intervistato l'autrice.

Hai subito pensato a Napoleone come eroe preferito di Teo o a qualcun altro? perché hai scelto lui?
L'incipit del libro, Mi chiamo Teo, ho otto anni e voglio incontrare Napoleone, non è stato frutto di una riflessione, ma è nato in modo fulmineo e istintivo. Napoleone è un simbolo per me, è la metafora della vittoria: è un uomo che nonostante le sconfitte ha sempre continuato a combattere. Si porta con sé un grande messaggio. Lesempio del condottiero francese era esattamente quello di cui Teo aveva bisogno per riuscire a vincere la sua battaglia: far tornare felici i suoi genitori. Appena lidea si è materializzata nella mia testa ho sentito che era quella giusta. Mi sono messa a scrivere e non mi sono più fermata.
Puoi spiegare il rapporto fra Teo e il pensiero della morte?
Teo non riesce ad ammettere il concetto di "non-esistenza", di fine. E questa è una caratteristica tipica dei bambini. Spesso quando si finisce di leggergli una storia loro ti chiedono: "E poi cosa succede?e se gli rispondi che la storia è finita, loro insistono: Sì ma dopo?. I bambini fanno fatica a comprendere il concetto di limite, di chiusura. Li spaventa, come daltra parte spaventa noi. Per Teo la morte non è la fine, ma linizio di una nuova esistenza. In cosa consiste questa nuova esistenza è proprio quello che deve scoprire. Più gli sfugge, più è determinato. Ascolta diverse teorie e cerca di formularne una sua personale, proprio come facciamo noi adulti, ma con limmaginario strampalato dei bambini. In paradiso ci si arriva forse con laeroplano di Dio, per esempio, e per entrare bisogna essere in lista, come in discoteca.
Hai faticato tanto - mentalmente e fisicamente - per la scrittura del romanzo? Ce ne racconti un po' la gestazione?
La prima bozza del romanzo l'ho scritta di getto nel 2009, in meno di due settimane. Ero completamente coinvolta dalla storia, volevo sapere come sarebbe andata a finire e non c'era altro modo che scrivere, per scoprirlo. Ho ripreso in mano il manoscritto nel 2012, e ho avuto la fortuna di essere seguita dallo scrittore Mattia Signorini che lavorava come talent scout per lagenzia letteraria di Vicki Satlow, che poi è diventata la mia agenzia. Durante la seconda stesura, mi sono concentrata sugli aspetti più tecnici e ho ideato il finale. C'è stato poi lediting con Rosella Postorino, a Einaudi Stile Libero. Con lei abbiamo approfondito i temi e i personaggi e scovato le incongruenze che ci erano sfuggite nella prima fase.  Dall'idea alla pubblicazione del romanzo il percorso è stato lungo e faticoso, ma anche pieno di bellissime scoperte e di soddisfazioni: è stata un'esperienza di crescita fondamentale. Oltre alla determinazione ho imparato l'umiltà. Si tende a pensare di aver sempre ragione, soprattutto quando si parla di un prodotto nato dalla propria personale sensibilità. Lavorando con dei professionisti ho avuto modo di scoprire che non sempre è così, per fortuna. 
Le domande che Teo rivolge agli adulti sono le stesse che (ti) facevi tu?
Le domande sulla morte, sulla religione e sulla vita sono quelle che mi stavo facendo al momento della scrittura. Ma le sue osservazioni sono ispirate a quello che mi ricordo della mia infanzia. Anche a me, per esempio, piaceva immaginarmi come fossero il paradiso e l'inferno, e di quest'ultimo ero terrorizzata. Anche io non capivo bene gli adulti e i loro ragionamenti, seguivano regole di comportamento che non riuscivo a comprendere.
Studiando, vivendo e viaggiando all'estero hai trovato qualche risposta soddisfacente (per te stessa)?
Entrando in contatto con culture differenti e con punti di vista diversi il mio sguardo sulla vita ha acquistato un’ampiezza che prima non aveva. Ho capito che le risposte non sono mai definitive, ma in continua metamorfosi. Anche le domande, si sono moltiplicate. Attraverso il confronto ne sorgono sempre di nuove.
Potrà secondo te il tuo libro far comprendere meglio il mondo dei bambini? in che cosa soprattutto?
Sì, certamente. Il libro è scritto in prima persona. Attraverso gli occhi di Teo ci caliamo in un mondo che abbiamo dimenticato, riscopriamo la fantasia, linnocenza e la fiducia che anche nelle situazioni più disperate cè sempre qualcosa che possiamo fare. Giovanni Zambito.

© Riproduzione riservata


BIOGRAFIA
Lorenza Gentile è nata a Milano nel 1988, è laureata in Arti dello Spettacolo alla Goldsmiths University di Londra e ha frequentato la scuola internazionale di Arti Drammatiche Jacques Lecoq di Parigi. Questo è il suo primo romanzo di cui scrive la prima bozza del romanzo a soli ventuno anni mentre studia alla Goldsmiths  University  di Londra Arti dello Spettacolo. Figlia di uno sceneggiatore e una pittrice, discendente del filosofo Giovanni Gentile (suo trisnonno), ha 20 cugini, tre fratelli più piccoli, vive a Londra, dopo aver trascorso un periodo a Parigi. 
Nel libro la scrittrice si cimenta in un difficile esercizio di stile, mettendosi nei panni di Teo e raccontandone il punto di vista, aiutando il lettore a comprendere il linguaggio metaforico e fantastico dei bambini.
Lorenza Gentile, vive la scrittura come estrema forma di libertà :“Ho una passione per i bambini, sono stata una pseudo babysitter per i miei fratelli. Il lavoro teatrale mi ha aiutato ad immedesimarmi nel bimbo e nel suo monologo interiore. La mia esperienza familiare è esattamente opposta a quella di Teo, siamo molto uniti, il disagio del bambino in crisi è il mio incubo. Tutti i bambini che ho conosciuto con un problema in famiglia hanno uno sguardo diverso dagli altri.
Teo avverte un disagio, il suicidio deriva dalla curiosità e dal desiderio di fuga ma non dalla volontà di non esistere, il bimbo non comprende il vuoto e non percepisce la differenza tra  la morte e la vita. La voce del bambino mi ha aiutato ad esprimere la mia innocenza, quello che penso della morte, a pormi delle domande e darmi delle risposte”.

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